giovedì 14 luglio 2016

Fratelli


C'è un legame che nasce quando fai il secondo figlio.
Ed è quello tra fratelli.
Una nuova dinamica che entra a far parte del nucleo famigliare, un nuovo motore che mette in circolo altro amore.
E tu resti lì, a guardare l'evoluzione di questo rapporto prima fatto di curiosità poi di sentimento.
E vedi il tuo bimbo "grande" che si emoziona sentendosi chiamare "tato" per la prima volta, e vedi lei che si illumina appena lui la guarda.
E senti le risate.
E vedi i primi tetntativi di giocare insieme.
E vedi l' amore, lo vedi prendere forma man mano proprio lì, davanti a te, sul tuo tappeto.
Nella tua casa.

 




mercoledì 13 luglio 2016

La fatica di diventare grandi.


E intanto tu stai diventando grande,
Da quando c'è Lei sei cresciuto di colpo.
Sei diventato "il fratello maggiore" , sei diventato "il figlio più grande" e sei quello che a settembre inizierà "la scuola dei grandi".

Ti ho un po perso di vista i primi mesi dopo l'arrivo della sorellina e ho sofferto, Dio quanto ho sofferto.
I primi mesi ho versato un mare di lacrime e molte erano per te.
Mi mancavi.
Come l'aria.
Sentivo che mi stai sfuggendo via.
Tu crescevi ed io ero totalmente assorbita da lei, non riuscivo a dividermi in due.

Pian pianino ci siamo ritagliati qualche spazio, anche grazie alla collaborazione di papà che al sabato ci concedeva un paio d'ore tutte per noi e si attrezzava con il biberon.
In quel periodo ti ho visto sereno e i tuoi disegni a scuola parlavano di noi.
Quando la maestra me li ha mostrati sono scoppiata in un pianto liberatorio e al tempo stesso ho preso consapevolezza di quanto anche tu avessi bisogno di quei momenti insieme.
C'è voluto un po ma alla fine abbiamo entrambi trovato un equilibrio, le maestre ci hanno aiutato e tu hai dimostrato di essere pieno di risorse, è stata una prova per te... diventare fratello maggiore e allo stesso tempo sentire parlare intorno a te della nuova "scuola dei grandi" ti ha destabilizzato. Hai avuto paura di crescere, dicevi di "non essere capace", hai somatizzato la tua ansia per un paio di mesi, ma alla fine ce l' hai fatta, ce l'abbiamo fatta.

Io e te.
Insieme.


Quante lacrime ci hanno colto di sorpresa la sera prima di dormire, quante paure sono affiorate in superficie...e noi parlvamo, parlavamo...non ci stancavamo mai di parlarne e di tirare fuori tutto. Finchè una bella sera, durante la "notte dei racconti" che si teneva proprio nella nuova scuola, dopo un attimo di crisi e agitazione hai affermato tutto contento "mamma sai, mi sa che ce la faccio " che alle mie orecchie è suonato come "mamma sai, mi sa che ce la faccio a crescere"

Il cuore è esploso di gioia, l'anima ha sussultato "certo che ce la fai, amore!!!", la maestra mi ha fatto l' occhiolino.
Ci siamo messi così alle spalle questa prima grande crisi, e ne siamo usciti vincenti.

"ci sono le vostre iniziali, vedi mamma...tu ci sei sempre"
" molto spesso una crisi è tutt'altro che folle
è un eccesso di lucidità
sta finendo la crisi e ogni volta che passa una crisi
resta qualche traccia
infatti ultimamente rido per niente..."

  crisi

L'etimologia di crisi deriva senza dubbio dal verbo greco krino = separare, cernere, in senso più lato, discernere, giudicare, valutare. Nell'uso comune ha assunto un'accezione negativa in quanto vuole significare un peggioramento di una situazione. Se invece riflettiamo sull'etimologia della parola crisi, possiamo coglierne anche una sfumatura positiva, in quanto un momento di crisi cioè di riflessione, di valutazione, di discernimento, può trasformarsi nel presupposto necessario per un miglioramento, per una rinascita, per un rifiorire prossimo.

lunedì 11 luglio 2016

Io, mamma di una femmina.

Ho sempre deisiderato un figlio maschio.
Mi sentivo più "preparata" ad amare un figlio maschio, più predisposta forse.
Il rapporto madre-figlia mi ha sempre fatto paura.
Conflitti, competizione... la mancanza di un modello concreto a cui ispirarmi mi ha probabilmente destabilizzata.
Non lo so nemmeno io.
Al primo giro mi è andata bene, "è un maschiotto" furono le parole dell'ostetrica che, nel giorno del compleanno dell'uomo di casa, ci svelò il sesso del nostro primo figlio.
Lacrime di gioia per lui, che dovette assentarsi un attimo per ricomporsi, lui che forse ci teneva più di me.
Io serena.
Lo sapevo.
Io ero una da figlio maschio. Punto.
Il mio pescetto è stato ed è, un bambino meraviglioso, pacifico, sereno...buono.
Un bimbo "facile" e amorevole.
Abbiamo vissuto per anni in simbiosi, io e lui, costruendo un rapporto speciale. Innamorati l'uno dell'altra tanto da rendere un po geloso il papà.

Al secondo giro il papà desiderava una femmina.
Lui, che si considerava uno da figlio maschio perchè troppo concreto e razionale per capire la mente femminile, aveva negli anni cambiato idea.
Io no.
Io volevo un maschio.
Io ero ancora piena di paure.
Ma, questa volta, sentivo meno convinzione dentro di me, anche se non volevo ammetterlo neppure a me stessa.
Mi resi conto di quando in fondo ci sperassi nel momento in cui mi trovai una mattina in fila in farmacia e mi arrivò sul cellulare l'esito degli esami prenatali che mi avrebbero svelato il sesso ma, cosa più importante, mi avrebbero detto le condizioni di salute del feto esculdendo la possibilità di svariate malattie genetiche.
La connessione era lenta, avevo il cuore in gola, appena la mail si aprì cercai con gli occhi la riga indicante tali esiti ma, prima, mi cadde lo sguardo su una parola...female.
Aspettavo una bambina.
Una femmina.




Scoppiai in lacrime di gioia che divennero sempre più copiose man mano chel'uomo mi leggeva gli esiti delle analisi.
Era una femmina.
E andava tutto bene.

Sarebbe stato tutto diverso, un viaggio nuovo... un modo diverso di essere mamma.
Una figlia femmina che, inveitabilmente, mi avrebbe messa davanti alle mie paure.
Quel giorno, però, abbandonai il pensiero per un po e iniziai a fantasticare di gonnelline, cerchietti e codini.
Era il 14/02/2015, il giorno di San Valentino.






Il mio secondo parto (12/08/2015)

La ddp era 11/08/2015
La ginecologa me l'aveva ridatata alla seconda eco di controllo, inizialmente aveva stabilito che sarebbe stata il 06/08/2015, non che facesse molta differenza, ma speravo prima e trattandosi del secondo figlio speravo mi sorprendesse arrivando in anticipo (in questo modo mi sarei goduta maggiormente la presenza del marito a casa in ferie e mi sarei liberata della pesante pancia estiva).

Martedì 11 agosto 2015, giorno della scadenza.
Alla mattina mi recai alla visita di controllo in ospedale, qualche contrazione era presente da giorni ma nulla che facesse pensare ad un travaglio imminente.
L'ostetrica mi fece un rapido aggiornamento della cartella e un ecografia esterna nel corso della quale mi fece prendere un bello spavento. Avevo riferito di sentire meno movimenti nell ultima settimana (probabilmente dovuti al poco spazio) e inoltre leì trovò "strana" la forma della mia pancia, prominente come un siluro, tutta proiettata in avanti e "vuota" sui fianchi.
Esitò a lungo sul monitor e chiamò il medico di turno a verificare, sosteneva che il liquido amniotico fosse calato e che la forma della pancia fosse dovuto a quello.
Rimasi immobile e senza fiato finchè il medico mi tranquillizzò, l'ostetrica era giovane e inesperta e le tenne una breve lezione sulla lettura dei dati che apparivano sul monitor mentre io riprendevo fiato e cercavo di liberarmi della paura che mi aveva invasa,
A ecografia terminata mi propose la visita facoltativa, io accettai prontamente sperando che potesse smuovere un po la situazione (avevo sentito dire che capitava spesso).
L' ostetrica mi disse che ero pervia 2 dita con utero raccorciato al 50% e mi disse che era un ottima cosa, alla seconda gravidanza.
Lì per lì non dissi nulla, non chiesi... ero ancora troppo spaventata per quello che mi aveva detto poco prima estavo cercando di tenere a bada i pensieri e di concentrarmi sulle parole del medico.

Passai il pomeriggio a fare ricerche in internet e a chiedere alle amiche il giusto significato della definizione "pervia 2 dita", ovviamente lessi e sentii tutto e il contrario di tutto.
La sensazione era che comunque fosse segno positivo per un travaglio rapido, se non immininente.

Arrivò sera, dopo una giornata fiacca e piena di pensieri.
L' uomo si stese sul divando in preda ad un potente mal di testa e così io mi stesi sul letto cercando invano di prendere sonno.
Dopo pochi minuti decisi di raggiungerlo sul divano per proporgli di guardare un po di tv perchè mi aiutasse a rilassarmi, ero insofferente da giorni. Il caldo e la pancia non mi davano tregua.
Lo trovai addormentato, non dissi nulla e mi sdraiai vicino a lui.
Passarono pochissimi minuti, alle 22 in punto una potente ed improvvisa contrazione mi fece alzare di scatto dal divano e svegliò l' uomo.
Passarono esattamente 5 minuti e ne arrivò un altra, potente come la precedente.
Così, da zero a cento in un secondo partì il mio travaglio.

Mandai un sms a mio padre chiedendogli di venire.
Io e l' uomo saremmo andati in ospedale e Pescetto dormiva beato ignaro del fatto che probabilmente quella sarebbe stata la sua ultima notte da figlio unico.

Doccia, borsa, bacio al mio bimbo addormentato che avrei rivisto più grande il giorno sucessivo.
Via verso l'ospedale.
A mezzanotte ero al monitoraggio che diede come esito "contrazioni presenti ma irregolari".
Mi fanno quindi accomodare in corridoio.

STO MALE.

In corridoio mi siedo su una sedia nascosta parzialmente da un vecchio armadietto di metallo al quale mi aggrappo con tutte le mie forze ad ogni contrazione. L'uomo ha mal di testa, un forte mal di testa e non è molto presente. Non mi importa molto, perchè quel dolore è solo mio, mi attraversa e mi toglie il fiato a cadenza regolare.
Sento le voci delle presone in corridoio, vedo un uomo dormire su una sedia e ascolto la telefonata di una signora che avvisa non so chi che il nipote è nato e che lei e il marito aspettano solo di potere entrare a vedere la figlia.
Ogni tanto si girano dalla mia parte, incontro il loro sguardo distratto e mi domando perchè sto facendo il travaglio in un freddo corridoio.
Sono arrabbiata.
Chiedo all' uomo di fare qualcosa, e proprio in quel momento si riaprono le porte e l'ostetrica mi chiama per la visita.
Faccio due passi e mi devo fermare.
"fa molto male?" mi chiede.
"si" biascico con un filo di voce.
Mi siedo sul lettino, davanti a me una dottoressa dal volto inespressivo di cui ho un pesssimo ricordo.
Mi fa la visita e non dice una parola.
Sarà l'ostetrica a sorridermi dicendomi "sei stata bravissima, sei già di 8 cm...stanotte conosceremo Rebecca"
SBAAAAM.
Un colpo al cuore.
Stanotte conoscerò mia figlia.
...
8 cm????? già??? Meno male che le contrazioni erano irregolari...mi son fatta praticamente tutto il travaglio in un cazzo di corridoio seduta su una sedia in mezzo a perfetti sconosciuti.
Mi viene da piangere.

Entriamo in sala parto.
E' l'una di notte.
L'ostetrica che mi accoglie ha un volto rassicurante e una voce gentile.
La stanza del nuovo reparto è molto più accogliente di quella in cui nacque, sei anni prima, il mio Gabriele.
Mi spoglio, infilo la vestaglia e mi stendo sul lettino.
E' lì che voglio stare, ricordo il mio primo e lungo travaglio e ricordo che fu solo sul letto che trovai sollievo dopo 13 ore di dolore.
Inizio a sentire il bisogno di spingere quasi subito.
E' molto differente dalla prima volta, sento di avere il controllo della situazione. Sento le spinte. So cosa devo fare.
Spingo, e ad ogni spinta mi aggrappo al collo dell' uomo che è accanto a me, sempre in preda al forte mal di testa,
L'ostetrica che mi assiste mi visita e mi dice che manca 1cm alla dilatazione completa ma io devo spingere.
Mi dice di assecondare la sensazione ma di spingere piano.
Fa male.
Respiro tra una contrazione e l'altra poi, quando arriva al culmine, urlo dal dolore.
L'ostetrica mi dice di tenere la spinte più lunghe, si vede la testa.
Vedo l' uomo che si sporge e guarda, poi incontro i suoi occhi che si dilatano come a dirmi "è lì...l ho vista..."
Mi sento caricata di nuova energia, capisco che il più è fatto e allora spingo e tengo la spinta più lunga.
Una spinta, due, tre....ECCOLA!!!
Una piccola tesolina rotonda e piena ci capelli esce e resta immobile rivolta verso il basso.
Una spinta, due, tre...ECCOLA la mia bambina.

Sento sollievo, sento spaesamento.

Poi incontro il suo sguardo.
E' piccola, è indifesa...ed è bellissima.
Lei si attacca subito al seno ed io non riesco a smettere di guardarla.

Sono le 2.54.
Nulla sarà più come prima.
Ora siamo in 4, siamo completi.
Benvenuta piccolina.